"Ora", seguitai, "paragona la nostra natura a un caso di questo genere:(1

Pensa a uomini chiusi in una specie di caverna sotterranea...

 

Le due entrate dell'antro di Odisseo

 

"C'è un posto, sacro a Forchis, il Vecchio del mare, nell'isola di Itaca; due punte s'avanzano sporgendo a picco, e la baia proteggono; fuori ne chiudono l'onde immani dei venti violenti; e dentro senza ormeggio rimangono le navi buoni scalmi, quando alla fonda son giunte. In capo alla baia c'è un olivo frondoso, e lì vicino un antro amabile, oscuro, sacro alle ninfe che si chiamano Naiadi. Dentro anfore stanno e crateri di pietra; e là fanno il miele le api. Telai di pietra vi sono, altissimi, dove le ninfe tessono manti di porpora, stupore a vederli; e vi sono acque perenni. L'antro ha due porte, una da Borea, accessibile agli uomini; l'altra dal Noto, è dei numi, e per quella non passano gli uomini: degli immortali è la via. 

" Coraggio, non  metterti pena nell'animo... piuttosto i tuoi beni in fondo all'antro divino mettiamo subito, ché questi almeno ti restino salvi : e poi riflettiamo come possa esser meglio". Così detto la Dea entrò nell'oscura caverna, cercando in fretta i recessi: e dietro Odisseo portava tutto, l'oro, l'inconsumabile bronzo, le vesti ben lavorate che i Feaci gli diedero. E collocò bene ogni cosa, e un masso mise all'entrata Pallade Atena, figlia di Zeus Egioco. Poi i due, seduti al piede del sacro olivo, meditavano morte ai pretendenti superbi...

C'era fra i pretendenti un principe esperto d'infamie, Ctesippo era il nome, a Samo casa abitava costui fidando nelle immense ricchezze, corteggiava la sposa del lontano Odisseo: " Uditemi, pretendenti superbi, che dica una cosa: già la sua parte ha l'ospite come conviene in equa misura, perché non sarebbe bello né giusto privarne gli ospiti di Telemaco, chi arriva al palazzo. Ma anch'io gli faccio un dono ospitale! " ... Così detto scagliò una zampa di bue con la mano gagliarda, prendendola da un canestro; Odisseo l'evitò piegando il capo appena, e nel cuore sorrise amaro assai. E fra i pretendenti Pallade Atena inestinguibile riso eccitò, travolse loro la mente. Ridevano allora d'un riso involontario, inconsulto, mangiavano carni insanguinate; ma i loro occhi erano pieni di lacrime, l'animo pianto voleva. Ed ecco tra loro parlò il divino Teoclimeno: "Ah, sciagurati, che rovina vi tocca, di tenebra avete fasciate le teste e le facce, e sotto i ginocchi il singhiozzo vi brucia, son lacrimose le guance, di sangue sono spruzzati i muri e i begli architravi, d'ombre è pieno il portico, pieno il cortile, che scendono all'Erebo sotto la tenebra; il sole del cielo s'è spento, fatale è scesa una notte di morte" Così diceva, e tutti scoppiarono a ridere forte di lui" (Odissea XX)

"Ermete Cillenio chiamava le ombre dei pretendenti; aveva in mano la verga bella, d'oro, con cui gli occhi degli uomini affascina, di quelli che vuole e può svegliare chi dorme. Le guidava movendola, e quelli gli andavano dietro squittendo. Come i pipistrelli nel cupo di un antro squittendo svolazzano quando una cade dal grappolo appeso alla roccia, poi si riattaccano l'una all'altra; così squittendo le ombre andavano insieme; le conduceva l'astuto Ermete per putridi sentieri... (XXIV)

 

"Ora", seguitai, "paragona la nostra natura, per quanto concerne l'educazione e la mancanza di educazione, a un caso di questo genere.(1Pensa a uomini chiusi in una specie di caverna sotterranea, che abbia l'ingresso aperto alla luce per tutta la lunghezza dell'antro; essi vi stanno fin da bambini incatenati alle gambe e al collo, così da restare immobili e guardare solo in avanti, non potendo ruotare il capo per via della catena. Dietro di loro, alta e lontana, brilla la luce di un fuoco, e tra il fuoco e i prigionieri corre una strada in salita, lungo la quale immagina che sia stato costruito un muricciolo, come i paraventi sopra i quali i burattinai, celati al pubblico, mettono in scena i loro spettacoli".

Platone, Repubblica VII